Notule
(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)
NOTE
E NOTIZIE - Anno XXII – 17 maggio 2025.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia”
(BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi
rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente
lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di
pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei
soci componenti lo staff dei
recensori della Commissione Scientifica
della Società.
[Tipologia del
testo: BREVI INFORMAZIONI]
Glioblastoma: primi risultati col
vaccino anticancro SurVaxM in fase 2B SURVIVE trial test. La
fase 2B SURVIVE del trial clinico continua come pianificato, dopo
un’analisi intermedia che ha rilevato elementi sufficientemente promettenti che
giustificano la prosecuzione. SurVaxM, combinato con
trattamenti standard quali chemioterapia, terapia chirurgica e terapia radiante,
dovrebbe allungare la sopravvivenza e migliorare la qualità della vita.
Infatti, la valutazione intermedia (interim analysis)
ha rilevato che SurVaxM attacca con molta efficacia
la proteina essenziale alla vita delle cellule neoplastiche: la survivina; e il 93,7% dei pazienti in trial,
a un anno di distanza dalla diagnosi, erano ancora vivi. [Fenstermaker
& Ciesielski, Roswell Park Comprehensive Cancer
Center, May 9, 2025].
Malattia di Parkinson: l’esercizio
motorio accresce l’efficacia del trapianto cellulare. La
terapia cellulare del Parkinson con neuroni dopaminergici di origine staminale
(hPSC, da human pluripotent
stem cell derived), in Europa sperimentata per
primo da Stuart Butler all’Istituto Neurologico di Bristol e poi negli anni
seguenti in quasi tutti gli stati del Vecchio Continente, non ha ancora trovato
l’esteso impiego clinico che ci si attendeva. Ora, un nuovo studio condotto da
Clare Parish e colleghi su modelli sperimentali di
ratto, ha dimostrato che l’esercizio motorio volontario ottiene i seguenti
effetti positivi: 1) migliora la funzione delle cellule trapiantate; 2)
promuove la maturazione e la formazione di connessioni dei nuovi neuroni
trapiantati. L’efficacia emersa in questa sperimentazione animale suggerisce un
sistematico impiego clinico dell’esercizio motorio nei pazienti parkinsoniani
sottoposti a terapia sostitutiva mediante hPSC. [Cfr.
Stem Cells Reports – AOP doi: 10.1016/j.stemcr.2025.102480, 2025].
Sclerosi Multipla: attività iniziale
riproduce fenotipi indotti dal Virus di Epstein-Barr. Il
ruolo eziologico dell’infezione da EBV (Epstein-Barr Virus) nella sclerosi
multipla continua ad essere indagato. L’infezione precede l’esordio clinico di
una percentuale molto alta di casi, ma ancora non sono chiariti in modo dettagliato
e univoco i meccanismi molecolari. Elliot D. SoRelle
e colleghi, indagando la patogenesi virale della malattia demielinizzante e
neurodegenerativa, hanno analizzato l’espressione in singole cellule B
periferiche di persone affette da sclerosi multipla in fase iniziale, raccolte
longitudinalmente durante l’ITN (Immune Tolerance
Network) STAyCIS Trial. Le analisi sono state
focalizzate sulle ABC (CD19+/CD20+/CD21lo/CD11c+/T-bet+
atypical B cells). Le ABC erano
significativamente più numerose nella fase iniziale della sclerosi multipla che
negli individui sani fungenti da gruppo di controllo.
La stratificazione di attività della
sclerosi multipla ha rivelato rare ABC infiammatorie distintive dello stato. Le
CXCr3+ ABC aumentavano dopo la diagnosi di base ed erano significativamente
accresciute nelle persone con esacerbazione della malattia durante lo studio.
Concludendo, l’espansione delle ABC e le
risposte infiammatorie sono correlate con l’attività della sclerosi multipla in
fase precoce, probabilmente quale tipica risposta bystander
all’EBV. [Cfr. Journal of Clinical Investigation Insight
– AOP May 13: e188543, 2025].
L’AI diagnostica la sindrome dolorosa
CRPS dai pattern del microbioma intestinale. La
sindrome dolorosa regionale complessa (CRPS, da complex
regional pain syndrome) può essere identificata, mediante l’analisi
dei pattern del microbioma intestinale condotta con l’ausilio dell’intelligenza
artificiale (AI), con una precisione superiore al 90%, in campioni di nazioni
diverse. Si è accertato che coloro che sono stati pazienti CRPS, dopo la
guarigione conservano il pattern del microbioma intestinale associato al
dolore regionale, rivelando una persistenza del contrassegno microbico.
Lo studio, condotto da ricercatori della McGill University in collaborazione
con colleghi israeliani e irlandesi, ha anche identificato nel microbioma
potenziali marker di suscettibilità. [Cfr. Emmanuel Gonzalez et al. Anesthesiology, May 3, 2025].
Cure mediche fra scimpanzé: un
antecedente della medicina umana nella foresta di Budongo.
Elodie
Freymann dell’Università di Oxford e colleghi, dopo
uno studio di 30 anni nella foresta di Budongo in
Uganda, hanno pubblicato la documentazione di un comportamento di cura mediante
interventi, che adottano anche rimedi empirici conosciuti per trasmissione
culturale.
In queste notule abbiamo pubblicato in
precedenza comportamenti di trattamento delle ferite, talvolta con
l’apposizione di formiche o altri insetti e di erbe in grado di lenire il
dolore, da parte di grandi scimmie viventi in gruppi sociali in ambienti
naturali, ma questa nuova documentazione fra scimpanzé dell’Uganda sembra
fornire elementi a sostegno di condotte più strutturate e frequenti.
Alcuni dei comportamenti documentati
possono considerarsi semplici atti igienici, come tergere con delle
foglie le superfici mucose dopo la defecazione o dopo l’accoppiamento. Vari
altri sembrano proprio interventi di pronto soccorso, dopo lesioni causate da
aggressioni di altri scimpanzé o ferite prodotte dall’essere rimasti presi in
trappole per la cattura di animali collocate dagli indigeni. Un atto
frequentissimo consiste nel leccare le ferite e proteggerle con delle foglie.
Sia il lisozima salivare che composti antimicrobici contenuti nelle foglie
preferite dalle scimmie per questo uso, hanno realmente un’azione antimicrobica
in generale e batteriostatica in particolare.
In altri sette casi c’era uno scimpanzé
curante che si occupava di un altro; ma, in questi casi, il curante non si
dedicava a un solo individuo, ma a tutti i bisognosi di cure. Un video di straordinario
impatto visivo mostra una femmina di scimpanzé che salva la vita a un’altra
femmina a lei sconosciuta, liberandola da una serie di trappole in cui era
rimasta presa e da cui non sarebbe uscita viva. La liberazione reciproca da
trappole fra scimpanzé in Budongo è abbastanza
frequente, ma si verifica in genere fra individui legati da rapporti di
parentela.
Complessivamente, lo studio documenta
un’azione di cura non rivolta a sé stessi, o a un figlio o a un partner, ma un
ruolo che richiede una consapevolezza sociale e una responsabilità
per la salute di estranei della stessa specie, finora mai documentate. [Cfr. Frontiers in Ecology and Evolution –
AOP doi: 10.3389/fevo.2025.1540922, May 14, 2025].
Comunicazione vocale fra scimpanzé e
ricerca delle origini del linguaggio umano. Gli scimpanzé
che vivono allo stato naturale modificano il significato di singoli vocalizzi,
quando li includono in diverse e varie combinazioni di suoni vocali modulati a
scopo comunicativo, come accade con singole sillabe o parole nelle frasi delle
nostre lingue. In realtà, le lingue verbali umane consentono di generare un
numero illimitato di significati combinando fonemi in parole e parole in frasi.
Anche se l’accostamento pare azzardato, Cédric Girard-Buttoz
e colleghi del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology, nel loro studio su Science Advances lo giustificano in modo convincente. Infatti,
la sofisticata struttura delle lingue verbali umane e il loro ricco vocabolario
si deve a un’evoluzione cerebrale senza paragone fra i primati, che ha
sviluppato esponenzialmente una enorme corteccia che controlla cognizione e comunicazione,
mentre nelle scimmie il controllo vocale si ferma al mesencefalo. D’altra
parte, noi non discendiamo dalle scimmie, ma abbiamo solo avuto un progenitore
ancestrale comune. [Cfr. Science Advances - AOP doi: 10.1126/sciadv.adq2879,
2025].
Le due rarissime e splendide giraffe
bianche del Kenia sono state uccise da bracconieri. Non
sapremo mai se il loro stile cognitivo era diverso da quello delle giraffe
comuni e, come spiegano dal Kenyan Wildlife Sanctuary, non si conosce e non si comprende la ragione per
cui le abbiano uccise. I due esemplari, più unici che rari, dalla pelle simile
a quella dei più bei cavalli bianchi, erano in realtà madre e figlio, e non
erano albine ma caratterizzate da leucismo,
una condizione in cui i pigmenti – a differenza dell’albinismo – si continuano
a produrre nei tessuti molli e l’iride risulta colorata e scura. Dopo la loro
scoperta nel 2017, hanno continuato ad avere titoli e foto su giornali e media
di tutto il mondo. L’uccisione ha comportato immediate conseguenze negative,
fra cui la sospensione dei finanziamenti alla ricerca e la cancellazione di
tutte le prenotazioni turistiche per vedere le giraffe bianche. [Fonte: World
Animal News, 2025].
Archaeopteryx volava: scoperte
sensazionali su un fossile eccezionalmente conservato. Poteva
volare e scegliere fra modi diversi di locomozione, ha rivelato uno dei fossili
più conservati che si conosca e il migliore per distacco di tutti i fossili di Archaeopteryx,
secondo il paleontologo del Field Museum di Chicago Jingmai
O’Connor che precisa: “Of what’s arguably
the most important fossil taxon of all time” (ScienceNews), commentando il suo studio in
pre-pubblicazione online su Nature da mercoledì 14 maggio.
Archaeopteryx
è vissuto nel Giurassico, circa 150 milioni di anni fa, e il suo studio per
capire l’evoluzione degli uccelli nel Cretaceo, decine di milioni di anni dopo,
è di cruciale importanza. Si è scoperto con sorpresa che le sue zampe erano
rivestite di squame: dunque, accanto alle penne portava sul corpo il loro
precursore filogenetico, caratteristico dei rettili. Questa protezione aveva un
importante significato adattativo, perché Archaeopteryx si muoveva al
suolo con vari tipi di andatura e, sebbene fosse già ritenuto dai paleontologi in
grado di volare, l’esame del cranio e di tutte le ossa complete al 100% e
provviste di impronte delle piume e dei tessuti molli ha consentito di dedurre
con certezza alcune nozioni relative al volo di quest’animale. È stato il primo
dinosauro a usare le ali per volare in senso proprio, ma non trascorreva molto
tempo in aria; lo studio delle dita dimostra che erano provviste dei caratteri
necessari all’aerodinamica aviaria, ma anche che due di esse consentivano
l’arrampicarsi su alberi e rocce.
Archaeopteryx
era provvisto di penne terziarie, assenti nei sauri coperti di piume ma
incapaci di volare, e il loro studio permette di dedurre importanti particolari
sull’evoluzione del volo. In particolare, questo straordinario fossile consente
di porre fine a un’annosa controversia che vedeva contrapposte due tesi: la
prima sostiene che la capacità di volare sia comparsa una sola volta
nell’evoluzione e sia stata poi trasmessa alle specie discendenti dagli Archaeopteryx,
la seconda sostiene che la capacità di volare sia comparsa più volte
nell’evoluzione. Lo studio di questo straordinario fossile fornisce
un’indiretta ma significativa e convincente conferma della seconda tesi. [Cfr.
Nature – AOP doi: 10.1038/s41586-025-08912-4, May 14, 2025].
La coscienza è differente: quando
comincia la storia della sua unicità come oggetto? Di
fatto, la storia comincia quando si pone il problema della sua indagine
rigorosa, e dunque scientifica, pur non essendo un oggetto fisico del mondo
esterno all’osservatore. Questo inizio può essere rintracciato nel 1600, quando
nasce la scienza moderna e, sebbene Cartesio avesse caratterizzato l’Io, non
esistono ancora le distinzioni della psicologia fra soggetto, persona,
personalità, Io e coscienza. Dalla definizione e condivisione del metodo
galileiano, un impegno di fondo e di base dell’attività teoretica degli
scienziati consisteva nel cercare di eliminare ogni traccia di soggettività
dallo studio della natura. E così, ogni teoria che aspirasse ad ottenere il
riconoscimento di “scientifica”, prendeva le mosse da proprietà obiettive di
fenomeni naturali, presumibilmente del tutto indipendenti dalla soggettività
dell’osservatore, neutralizzata dalle operazioni di misura. La coerenza con
questo approccio sembrava impossibile per la coscienza, perché se è vero che la
coscienza degli altri è virtualmente un oggetto esterno, separato e distinto
dalla nostra, è pur vero che, essendo un oggetto astratto, la sua realtà è
definita dalla sua concettualizzazione, che si basa sulla personale esperienza
soggettiva dell’essere coscienti. Nel Discorso sul metodo
Cartesio fornisce il primo ancoraggio razionale sicuro per ogni riflessione sulla
coscienza: se è vero che possiamo sempre sbagliarci sulla natura degli oggetti
del mondo esterno, di una cosa possiamo essere certi, che la nostra
esperienza soggettiva esiste (corollario del cogito ergo sum). Poi,
partendo dal riconoscimento dell’esistenza del fenomeno come fatto,
indipendente da stime e giudizi circa le sue qualità, si può cercare di
definire per processo di ragione e grazie a convenuti di plausibilità
dei ragionamenti deduttivi, i limiti di questo oggetto astratto, al punto tale
da renderlo studiabile in modo rigoroso. Ma per molto tempo, e ancora due
secoli dopo, quando dalla filosofia della mente si era ben distinta la
psicologia, con branche quali la psicologia sperimentale e la neuropsicologia,
i limiti della coscienza nella dimensione psichica del soggetto rimangono poco
definiti. Solo con la postulazione dell’inconscio da parte di Freud, si
comincia a concepire un confine, secondo una rappresentazione topologica della
psiche, ma sarà necessario attendere la visione derivata dalle conoscenze
neuroscientifiche sui processi cerebrali per giungere a definizioni operative
più rigorose e coerenti con gli esiti delle sperimentazioni, quali quelle alla
base delle attuali teorie sulla coscienza. [BM&L-Italia, maggio 2025].
La lingua greca quale codice di
scrittura per conservare memoria di idiomi orali. Se
si vuole conservare memoria di qualcosa è necessario consegnarla a una “forma”
(la forma è memoria), in particolare ad elementi formali fissi e
riconoscibili che ne possano comporre l’identità, ossia a un codice.
Così fa il cervello, che ha molti livelli di codifica e conservazione delle
tracce. Se un popolo vuole conservare memoria della sua storia e della sua
cultura, deve lasciare tracce codificate riconoscibili. Su questo principio si
è basato un fenomeno di grande interesse linguistico, storico e cognitivo:
conferire una scrittura agli idiomi esclusivamente orali.
La scrittura greca ha assunto questo
ruolo più spesso di ogni altra nella storia. In un brevissimo excursus su
questo argomento cominciamo da Scutari, città albanese fra le più antiche
d’Europa e culla culturale di Albania, definita la “Firenze dei Balcani”: fu
fondata dagli Illiri, la cui lingua, l’illirico, si è scoperto che
veniva notata in greco, da un’iscrizione di tre parole, che ha dato l’avvio a
studi ancora oggi in corso. Gli Iapigi di Apulia e Calabria parlavano il messapico,
scritto con l’alfabeto greco dal IV secolo. Centuripe, città in provincia di Enna,
detta Cintorbi in siciliano e Cintuorbi nel più antico dialetto locale, fu
occupata dai Siculi, popolo di origine osco-umbra, la cui lingua era
resa in greco, come testimoniato dal Gotto di Centuripe del V secolo.
La Caramania era una regione dell’impero
achemenide e poi sasanide, oggi in parte corrispondente alla provincia persiana
di Kerman, in Iran, dove in antico i Greci che l’abitavano parlavano turco;
questa particolare versione della lingua turca era regolarmente scritta in
greco.
In epoca moderna, quando si è
stabilizzata la varietà tosca dell’albanese, si è deciso di
adottare l’alfabeto greco per scriverla. Ancora un esempio dall’Italia
meridionale: i più importanti testi antichi in siciliano e calabrese sono stati
redatti con scrittura greca. Infine, sia idiomi minori dell’Occidente europeo,
sia dal IX secolo importanti parlate dell’Oriente slavo, sono state vergate e
poi impresse con i caratteri della scrittura greca. [BM&L-Italia, maggio
2025].
Notule
BM&L-17 maggio 2025
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